Cagliari in uno scorcio del medioevo
Un tempo Cagliari non era una perla sul Mediterraneo. Non era una modesta espressione dello stile Liberty. Non era un insieme di strade percorse da palazzi armonici edarchitettonicamente anonimi, nascosti nelle calde giornate estive dalle meravigliose jacarande fiorite.
Un tempo Cagliari era Castellum Castri. Era allo stesso tempo anche Bonayre, Stampace, Santa Gilla, Villanova, Bagnaria e La Pola.
Quartieri ancora oggi esistenti, ma che in un lontano passato erano considerate vere e proprie città nella città. Castellum Castri (che corrisponde all’odierno quartiere Castello) era la roccaforte impenetrabile, il centro del potere, l’Olimpo in cui potevano risiedere unicamente i conquistatori Pisani ( poi quelli Aragonesi), una parte circoscritta della città che identificava tutto il territorio di Cagliari. La città arroccata sul monte si affacciava sul mare attraverso il suo normale prolungamento, il quartiere La Pola, corrispondente alla Marina.
Il Castellum Castri, fu edificato nel 1217 dai Pisani sul colle per essere unicamente destinato ai cittadini del comune dell’Arno; essi avevano importato la loro legislazione e i loro costumi all’interno della roccaforte inespugnabile. Il nome indica due concetti uguali, infatti sia Castellum che Castrum, hanno il significato di” città fortificata”.
Alcuni studiosi sostengono che con il termine “Castri” si volesse invece intendere il nome in sardo del colle sul quale la cittadella fu edificata, ovvero “ Mont’ e Crastu”,laddove il termine “crastu” indica appunto un sito scosceso.
Il nome fu poi mutato in latino dai Pisani in “Mons de Castro” da cui “Castellum Castri”. Una città a tutti gli effetti toscana, in cui nessuno che non fosse pisano poteva abitare, un luogo in cui le campane del vespro suonavano come campane a morto per lo sventurato straniero che fosse stato trovato all’interno della roccaforte dopo il coprifuoco.
Anche i Sardi, privati di qualsiasi autorità sulla loro terra, erano considerati stranieri all’interno del Castellum.
Le tre porte del forte erano sorvegliate e sbarrate ogni notte, le alte mura erano sormontate da tre torri quadrate, la Torre di San Pancrazio, quella dell’Elefante e quella del Leone, quest’ultima l’unica che oggi non esiste più. Il tracciato urbano era stato creato secondo delle regole predeterminate che avevano lo scopo di collegare in senso longitudinale, da nord a sud, la Porta dei Leoni a quella di San Pancrazio.
L’assetto attuale è per lo più identico in quella che oggi non è più una città ma Castello, un quartiere di una città ben più grande. La Ruga Mercatorum, attuale via La Marmora, era la strada più importante e più trafficata perché conduceva nel centro nevralgico degli affari, la Platea Comunis ( attuale piazza Palazzo) lo slargo in cui si trovavano il Palazzo Comunale, la Cattedrale in stile romanico e l’Episcopio. Le altre vie prendevano il nome dalle associazioni di mestiere cui appartenevano gli abitanti creando, una sorta di mini quartieri che erano: la Ferraria, la Marinaria, la Vinaria, la Pellaria e la Gamurra. Si aggiunse con l’insediarsi in loco di una comunità ebraica (unici soggetti non pisani ad essere ammessi a vivere in Castello) la Juharia. Nel burrone sottostante il quartiere ebraico si trovava il loro cimitero (oggi è un parcheggio).
Le dimore del Castellum Castri non erano di particolare pregio, i Pisani non si sprecarono mai a costruire sontuosi palazzi come quelli oltremare, ma abitazioni piuttosto ordinarie, case al massimo di due piani, con solai e ballatoi in legno ed ampi magazzini al piano terreno.
Gli abitanti di Cagliari nel 1300 erano circa 20.000 in tutto il suo comprensorio, ma gli abitanti del Castellum Castri erano non più di seimila.
Castellum era un centro abitato costruito esclusivamente per farvi risiedere i Pisani. Alla sera, uno squillo di tromba avvisava che le porte d’ingresso alla città stavano per chiudersi e tutti i non residenti avrebbero dovuto fuoriuscire oltre le mura, pena la morte! Una volta sbarrate, le porte non potevano riaprirsi se non il giorno dopo. Questa regola ferrea ed assolutamente inderogabile può essere compresa attraverso la testimonianza dell’Arcivescovo di Pisa Federico Visconti, che nel 1263 redisse una relazione sulla sua visita pastorale al Castellum Castri. Il prelato scrisse che essendo arrivato in Città di sera, trovò le porte del Castellum sbarrate e fu costretto a chiedere ospitalità ai Frati Minori che risiedevano nella chiesa di Santa Maria de Portu in La Pola, che si trovava dove poi fu edificata dagli Aragonesi la chiesa di Sant’Eulalia.
Solo l’indomani mattina l’Arcivescovo potè recarsi nel Castellum Castri, seguito da una grande processione di religiosi e laici. Ciò dimostra che la regola che stabiliva la riapertura dei varchi del Castellum al mattino non poteva essere derogata neppure davanti ad un’ Eccellenza, Primate e Legato Pontificio.
Il ruolo di spicco nella roccaforte era esercitato dai mercanti che nella maggior parte de casi ricoprivano i ruoli politici più importanti. In secondo piano vi erano gli artigiani e i professionisti medici e notai.
Certamente Cagliari non era una città in cui la cultura esercitasse un peso considerevole, esistevano delle scuole unicamente all’interno dei monasteri e nelle chiese e la frequentazione era riservata ai futuri chierici o a chi, tra i nobili o i borghesi mercanti pisani, avrebbe esercitato in futuro un ruolo politico.
La vita in città si svolgeva, tutto sommato, molto tranquillamente, fintanto che nessuno avesse sconfinato nei territori e negli affari dei Pisani, i quali esercitavano la loro egemonia da quando la Giudicessa Benedetta nel 1210, fatta prigioniera da un manipolo di nobili, fu costretta a giurare fedeltà a Pisa.
La sovranità o occupazione dei Pisani a Cagliari durò per circa settant’anni, stroncata nel 1324 dall’esercito dei Catalano-Aragonesi, i quali inflissero a Pisa una dura sconfitta proprio dove oggi si trova l’aeroporto civile di Elmas, in un tratto di terra chiamato Luto Cisterna. Ciò che accadde sembrò essere conseguenza del proverbio ”non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, una pena del contrappasso: infatti i Pisani da oppressori divennero oppressi, furono confinati nel Castellum, mentre gli Spagnoli si stabilirono presso il colle di Bonaria dove crearono un centro urbano in cui confluirono circa ottomila abitanti che potevano disporre in abbondanza di orzo, grano, vino ed altri generi di prima necessità.
Il Castel di Bonayre (Bonaria) ebbe anche il suo scalo portuale, compromettendo in questo modo lo scalo pisano di Bagnaria e la vita quotidiana dei Pisani che si videro costretti dalle circostanze avverse ad imbarcarsi su quattro galee e su di una nave messa a disposizione dal Re di Aragona e spiegare le vele verso la Toscana per non fare mai più ritorno sull’isola. Gli unici Pisani rimasti nel Castellum di Castro nel 1327 erano donne vedove con i figli.
Le case furono cedute dietro un equo prezzo ai Catalani ed il Castellum fu ripopolato da coloro che abitarono fino a poco tempo prima il Castellum di Bonayre, che visse piccoli momenti di gloria per poi essere abbandonata e scomparire per sempre.
Il Castellum Castri divenne roccaforte spagnola. Cagliari divenne Caller e da qui comincia la storia della città spagnola. Un’altra storia, un’altra Cagliari medievale che si avvia al Rinascimento, degna di un resoconto tutto suo.