Caccia grossa a Morgogliai
Il celebre conflitto a fuoco tra banditi e forze dell’ordine
L’eterna lotta tra banditi e forze dell’ordine raggiunse il culmine nei giorni 9 e 10 luglio del 1899.
Quello scontro viene ricordato oggi come la “Battaglia di Morgogliai” ed è considerato uno dei più grandi e tragici conflitti a fuoco che si siano mai verificati nella Sardegna dell’Ottocento.
Da una parte c’erano i latitanti più famosi dell’epoca: i fratelli Elias e Giacomo Serra Sanna di Nuoro, Giuseppe Lovicu di Orgosolo, Tommaso Virdis di Oniferi e Giuseppe Pau di Oliena; banditi spietati che formavano una banda criminale rispettata e temutissima in tutto il circondario di Nuoro e dall’altra parte circa duecento carabinieri e soldati.
“Proite no los chircas in Murgugliai”? (Perché non li cercate a Morgogliai?) Fu questa frase, buttata lì in un giorno qualunque e pronunciata da una delle tante bocche invisibili, a sancire la fine della temuta banda di banditi. Perché da quel momento gli occhi di tutti si rivolsero in un solo istante in direzione proprio di Morgogliai, penetrando fin dentro quella fitta boscaglia inaccessibile, tra il territorio di Orgosolo e Oliena, luogo di rifugio, avamposto inespugnabile, centro nevralgico di ribellione, baluardo di terrore.
Da quel momento si mise a punto un piano per andare a stanare definitivamente i criminali e ristabilire la serenità in tutta la zona. I fratelli Serra Sanna e agli altri banditi erano accusati di una serie di omicidi da far impallidire; oltre a rapine, grassazioni, atti incendiari e altre violenze a destare scalpore era la loro incredibile crudeltà e sete di vendetta. Su tutti loro pendeva una grossa taglia e una serieinfinita di condanne.
La vicenda è nota. Giovanni Ricci, nel libro “Sardegna Criminale”, descrive dettagliatamente tutti i passaggi che portarono allo scontro. L’accerchiamento già la sera del 9 luglio, i colpi d’arma da fuoco, i feriti, i morti, le reazioni degli organi istituzionali e degli abitanti del paese.
Nel conflitto morirono quasi tutti. I fratelli Elias e Giacomo Serra Sanna, Virdis e Pau. L’unico a salvarsi in modo rocambolesco fu Lovicu. Si racconta che si arrampicò nei rami più alti di un albero e attese dodici ore l’arrivo del buio e il ritirarsi dei carabinieri, prima di dileguarsi nel bosco. La sua fama dopo la vicenda di Morgogliai crebbe a dismisura.
Non si può dire altrettanto della sua latitanza che durò solo altri due anni. Era il 23 luglio del 1901 quando durante l’ennesima battaglia con i carabinieri, stavolta, a cadere fu lui.
In questo tremendo conflitto morirono anche due militari. La stampa isolana dedicò molto spazio alla vicenda. L’uccisione di criminali senza scrupoli da un lato evidenziava come dello Stato italiano, quello che si sentiva maggiormente era il braccio armato, dispiegato in tutta la sua imponenza, deciso a debellare definitivamente la piaga del banditismo solo con la forza e dall’altro c’erano proprio i banditi, esaltati malgrado i loro tragici profiliproprio da unsacrificio per nulla scontato;era questo che, malgrado tutto, donava a irreprensibili fuorilegge che s’immolavano in battaglia e preferivano la morte piuttosto che scendere a compromessi e perdere la libertà, un posto nella storia.
In ricordo di quest’evento ci sono le foto in bianco e nero dei banditi riversi a terra, oggi divenute celebri. Uomini esibiti come trofei di caccia, prima braccati come cinghiali, poi uccisi come cani rognosi e mostrati al grande pubblico, immobili e ormai inoffensivi.
A Orgosolo c’è un murales stupendo cheritrae proprio questa esternazione insensata e goliardica del trionfo e nel suo titolo presenta un’ironia sublime: “Caccia Grossa a Orgosolo, Morgogliai 1899”. E di caccia effettivamente si trattò. Una battuta di caccia in piena regola, con appostamenti, accerchiamenti, avanzamenti e una pioggia di piombo. Una voltaavvistata la preda, si prende la mira; il colpo secco della balla di fucile che perfora una costola, un cranio o scheggia la corteccia di un albero prima di perdersi in un rigoglioso cespuglio di lentischio.
In mezzo ai tanti altri spari c’è la fuga, la pazzia, il correre a vuoto senza nessuna via d’uscita, il terrore conficcatosi nella cornea. Poi altri spari interminabili che giungono a intermittenza, un canto frastagliato che non tende a placarsi. Infine la palla giusta, quella che spezza l’esile filo e ricaccia dentro il respiro, fiele, e sangue che scorre.
Giunge la quiete. Si tira un po’ il fiato, si prende un po’ coscienza dell’impresa. Adesso ci si può dedicare alle foto. Finalmente è arrivato il momento di mostrare a tutti il bottino e quindi giù, di corsa, al paese, ad esibire con fierezza i trofei, prima che cali il sole a spegnere il giorno, oramai lontani dal silenzio primordiale che si è rimpossessato dei boschi impenetrabili di Morgogliai, un attimo prima che l’enfasi svanisca e che tutto torni esattamente come prima.