Salvatore Niffoi
La capacità espressiva della lingua sarda
Laureato in lettere nel 1976, a Roma, con una tesi sulla poesia in sardo, inizia l’insegnamento della lingua italiana presso la scuole medie, che conclude nel 2006, anno in cui il suo romanzo, La vedova scalza, vince il premio Campiello.
Un libro di forte impatto emotivo che racconta di una tragedia, di una vendetta per mano di una donna ormai anziana rifugiatasi in Argentina per scappare dal suo destino, Mintonia. Infatti, l’espediente narrativo usato dal Niffoi consiste nel racconto al passato delle vicissitudini pregresse in una lettera scritta dalla protagonista alla nipote.
È una storia di vendetta, intesa come giustizia, nello scenario arcaico della Barbagia del Novecento, in cui l’uomo offeso deve esercitare il suo diritto, nonché dovere, di vendicarsi. La sua bibliografia è ricca di grandi opere: "Collodoro", "Il viaggio degli inganni", "Ritorno a Barule", "Pantumas", "La quinta stagione è l’inferno".
Nei romanzi di Niffoi la protagonista celata è, in realtà, la Sardegna, una terra “amata e odiata”, ma di una bellezza unica da cui, difficilmente, ci si può allontanare. Il linguaggio proprio dello scrittore diventa l’uso congiunto della lingua italiana e di quella sarda. Lingua, quest’ultima, insostituibile nel merito dell’attribuzione significativa ai nomi o, alle cose, della tradizione dell’Isola. Per designare una realtà storica sarda o, anche semplicemente, elementi materiali e culturali della Sardegna, non si può, secondo l’autore, non usare la lingua d’appartenenza.
In altri termini, la linguistica sarda, necessita la permanenza nel tempo, poiché, solo con il linguaggio originario si possono descrivere certi paesaggi, in un modo così minuzioso come fa lo scrittore; o i vari personaggi legati alla tradizione plurisecolare della terra insulare.
La capacità mentale dell’uomo di comunicare con una lingua è, nei libri di Niffoi, così come nel suo parlato, massimizzata, per l’uso appropriato della lingua sarda.