Il Giorno del giudizio di Salvatore Satta
Il romanzo capolavoro di uno dei massimi giuristi italiani
Ritenuto uno dei più grandi giuristi italiani, Salvatore Satta è conosciuto soprattutto per essere stato anche un eccellente scrittore.
La vera fama arriva in effetti per vie traverse e poco battute ed è una fama lontanissima dai “codici di procedura civile” o dalle “istituzioni di diritto fallimentare”, importanti lasciti dello scrittore, ancora oggi adottati come libri di testo nelle più prestigiose università.
É il destino, il caso, a far conoscere l’altro Satta: il Satta romanziere.
Tanti scrittori e poeti ottengono un degno riconoscimento solo dopo la morte. É anche il suo caso.
Nella primavera del 1970, a Roma, una brutta malattia si porta via quello che per tutti è stato e sarà un grande accademico. Nessuno poteva immaginare che quell’anno a scomparire fosse uno dei più grandi scrittori isolani della storia.
Dopo la sua morte, fortuna volle che i familiari, riordinando le sue vecchie carte, trovassero il manoscritto de Il Giorno del giudizio.
Il romanzo narra le vicende della famiglia Sanna Carboni, sullo sfondo di una Nuoro pulsante di vita, dove però aleggia costantemente anche la morte e le ombre si muovono ancora libere.
Due sole cose accomunano tutti: la morte, che un giorno giungerà inevitabilmente, e la "colpa" d'aver vissuto.
La prosa di Satta è gradevole, decisa, energica. L’intelaiatura è apparentemente casuale ma una forte tensione emotiva e una poderosa coscienza evocativa sopperiscono a tutto il resto.
I personaggi sono scandagliati psicologicamente con maestria, il ritmo li avvolge, una giusta lena scandisce il tempo del romanzo. Il profilo di questa processione di figure s’intreccia abilmente con i luoghi, il vortice travolge tutti, vivi, morti, fantasmi. Niente e nessuno sembra avere realmente motivo d’esistere. É un mondo di sconfitti, di perduti, di inetti.
Il paragone con Edgar Lee Masters è un atto pressoché dovuto. Non sono pochi infatti i punti in comune con la magnifica Antologia di Spoon River.
Quello di Satta è un percorso sofferto, che lo scrittore confida al lettore solo alla fine, una presa di coscienza straordinaria, una resa dei conti con se stesso e con la vita.
Due anni dopo la morte di Satta, il romanzo uscì, rimanendo ignorato sia dal pubblico che dalla critica. Passò qualche tempo, altra casa editrice, nuova edizione.
Stavolta, finalmente il successo. L’anno è il 1979. Il Giorno del giudizio viene tradotto in quasi venti lingue, la critica lo accoglie ottimamente. Diventa un caso letterario mondiale.
“Scrivo queste pagine, che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte”. Parole di Satta, alle quali per fortuna non seguì quel gesto.
Il modo più intenso per accostarsi a quest’opera è viverla, non solo leggerla. La Sardegna è un capolavoro di solitudine. Lo fu quella Nuoro, lo è questo romanzo.