Bastiano Tansu il bandito innamorato
La drammatica vita del Muto di Gallura
Amore, onore, vendetta e sangue. Pare che il Mondo, dall’alba dei tempi, ruoti intorno ad essi. Sentimenti e passioni umani, narrati nel più lontano passato nei poemi epici e cavallereschi, nei tempi moderni nelle pagine di cronaca nera dei quotidiani. Non possiamo sottrarre le faide che hanno imperversato la Sardegna nei secoli diciannovesimo e ventesimo all’ aura romantica che le impregna; non possiamo considerarli soltanto come omicidi efferati ma è necessario analizzare le passioni che hanno animato storie intrise di sangue.
Quanto accadde nel nord Sardegna, in Capu de Susu, descrive una realtà dai contorni nettamente differenti rispetto al sud dell’isola. Possiamo considerare Capu de Susu un luogo che comprende tutto il nuorese ed il sassarese fino al confine col mare della Corsica, un luogo che ben poco ha preso in considerazione i confini geografici imposti e che hanno sempre avuto valenza meramente amministrativa e non storica, al contrario si è sempre sentito un tutt’uno, pur identificandosi ogni paese essenzialmente in se stesso, con le stesse regole e tradizioni, molto diverse da quelle de Capu e Giossu, la parte meridionale della Sardegna.
Regole consuetudinarie tramandate oralmente (lo scrittore Antonio Pigliaru le ha codificate in ventitrè norme del Codice Barbaricino) che sos “Capuesusesus” hanno sempre cosiderato vincolanti in misura nettamente superiore a quelle dello Stato. Norme dotate di giuridicità intrinseca, valide ed insostituibili, dotate di sacralità e superiore a qualsiasi altro precetto, anche religioso.
Questa è la storia di Bastiano Tansu, un personaggio dai contorni leggendari, nato e vissuto ad Aggius nel 1827. Biondo dagli occhi neri, astuto ed intelligente. Bastiano era muto dalla nascita, nonostante ciò si faceva capire attraverso suoni gutturali e con la gestualità delle mani. É stato descritto come un uomo molto intelligente e bello, biondo dagli occhi neri, alto e magro. Così parlò di lui il giudice di Aggius, Celestino Concas: “ Il famigerato bandito sordomuto Sebastiano Rassu Addis Tansu, detto il Terribile, era un bell’uomo che a prima vista affascinava. I suoi occhi esprimevano un’eletta intelligenza, da non resistere a lungo se si fissava : e io, che prima non lo conosceva, devo confessare che mi sentii attratto da lui da un irresistibile senso di simpatia, quantunque lo sapessi macchiato di sangue umano; e non nego mi dispiacque la sua sordaggine e il suo mutismo, perché non mi permettevano di appiccar discorso con lui.”
In paese era considerato figlio del Diavolo, perché diverso dagli altri a causa dell’handicap e perché era riuscito ad imporre la sua autorità sugli altri con la forza dei pugni.
La storia del feroce assassino ha come cornice una splendida giornata estiva; nelle campagne di Aggius si festeggiava il fidanzamento di Pietro Vasa, cugino di Bastiano Tansu, con Mariangiola Mamìa.
Bastiano non era felice di questa unione, se ne stava in disparte ad osservare la folla festante, già percepiva che si era aperta la stagione della morte.
Un anno dopo il fidanzamento era stato sciolto con molto disonore per Mariangiola. Antonpietro Mamìa, suocero di Pietro Vasa, aveva chiesto a colui che sarebbe dovuto diventare il suo futuro genero, di interrompere l’ostilità con la famiglia Pilleri ( parenti dei Mamìa), che erano entrati in conflitto tempo addietro con i Vasa per lo sconfinamento di alcune capre. “Non si può rimanere nemici per sempre per un motivo così futile” disse Antonpietro Mamìa. Si sbagliava. Non solo si poteva essere nemici per sempre, ma per un qualcosa di così poco conto avrebbero tracimato fiumi di sangue.
Il primo a morire fu Michele Tansu,il fratello di Bastiano, che avrebbe dovuto punire il tentativo di uccisione del cugino Pietro Vasa da parte del clan Mamìa Pilleri, disonorati per le nozze mancate. Il secondo fu Michele Mamìa, fratello della promessa sposa. Era ancora un ragazzino. Fu descritto come un bellissimo angelo biondo, colpito sotto il caldo sole di Ferragosto.
L’uomo che gli sparò si dice fosse il Muto. La morte di un bambino, anche in uno scenario così crudo, era considerata un fatto tanto biasimevole che poteva essere lavato solo con un altro dello stesso tenore, l’uccisione di una donna. Così fu poi il turno della madre di Pietro Vasa. In un turbinio di morti e sospetti, non poche persone si erano date alla macchia prima che la giustizia potesse perseguirli. Dopo la morte di Antonpietro Mamìa in un agguato a cui parteciparono venti sicari, Aggius e le zone limitrofe furono funestate da una settantina di omicidi.
Si arrivò ad un armistizio quando il 26 Maggio 1856, sulla spianata di San Sebastiano, ogni componente delle famiglie coinvolte in quella cruentissima faida, si riunirono su di un palco, sotto un maestoso crocifisso, alle presenza di autorità civili e religiose. Da una parte i Vasa, dall’altra i Pileri Mamìa. Terminata l’omelia , le due fazioni si andarono incontro, ognuno abbracciò e baciò chi aveva davanti. Così, in un modo tanto cristianamente simbolico quanto puerile, fu siglata la pace.
Bastiano Tansu il Muto non partecipò a quella festa tanto gioiosa quanto dolorosa di cui non sentiva l’eco né nelle orecchie sorde né nel cuore di pietra.
La vita del muto cambiò radicalmente quando trovò ospitalità presso la famiglia di Antonstefano Pes che abitava uno stazzo presso l’Avru, luogo dal fascino mozzafiato, arroccato su di un pendio che si tuffa col suo verde rigoglioso nel mare più blu racchiuso dall’Asinara e dalle falesie della Corsica.
Il Muto era stato accolto in famiglia con grande amicizia e considerazione, in ragione del fatto che offriva protezione e non di meno perché aveva le mani d’oro.
In quel periodo sereno trascorso all’Avru, Bastiano si dilettò a fare piccoli e grandi lavori artigianali, tra cui impagliare le sedie e lavorare il cuoio. Un periodo felice, soprattutto per la presenza di Francesca, la figlia di Antonstefano Pes.
Francesca era una bella ragazzetta sui quindici anni quando il bandito arrivò a casa del padre. Tra i due ci fu subito intesa e Francesca, forse per compassione, forse solo per la sua esemplare diligenza, ma molto probabilmente perché nutriva vero affetto, ebbe sempre un occhio di riguardo per Bastiano. In un mondo in cui le passioni ed i sentimenti sono soffocati dal buio della macchia che scurisce anche i cuori più sinceri, l’amore non tardò a venire e fu per il bandito il periodo più bello della sua vita.
“Amor che a nullo amato, amar perdona” scrisse Dante. Ed è proprio vero che non si può rispondere fatalmente all’amore se non con l’amore , tanto che anche le anime macchiate dai delitti più torbidi, possono anch’esse, come delle calamite, attirare a sé il sentimento altrui, anche quello di una ragazzetta dal cuore immacolato.
Bastiano aveva una venerazione tale per Francesca che ogni gesto, ogni pensiero, ogni movimento che compiva nello stazzo dell’Avru era per lei. Per gioco la madre ripeteva al muto che quando sarebbe stata in età da marito gliela avrebbe data in sposa. Talvolta gli scherzi, anche i più innocenti, possono essere fatali.
Come pegno d’amore Francesca diede a Bastiano un cordoncino di seta con appesa una medaglietta raffigurante Gesù e la Madonna. Con i gesti, Bastiano le fece capire che l’avrebbe tolta solo quando per lui la vita non avrebbe avuto più significato.
Ma l’amore innocente portò pioggia di sangue. Quando il bandito fece ritorno allo stazzo dei Pes dopo un periodo di assenza, in cui di certo non fece altro che pensare a Francesca, la famiglia lo accolse festante, e gli diede notizia del fidanzamento di Francesca con Giovannantonio. Ciò comportò necessariamente un serio ridimensionamento di quella che tra i due era stata comunque, agli occhi della famiglia, soltanto un’amicizia particolare.
Tale nuovo stato di fatto comportava anche la fuoriuscita di scena dall’Avru di Bastiano.
Il primo a morire fu Antonstefano, colpito al petto da una pallottola di cui certamente era più responsabile la moglie che il bandito. Una promessa mancata di nome Francesca.
L’alba di questi giorni di sangue vide morire Pietro Vasa e sicuramente lo stesso Bastiano Tansu che si sentì morto già dal giorno del matrimonio di Francesca, quando lasciò il pegno d’amore donatogli tempo addietro da Francesca sul davanzale della camera da letto della sposa.
Non si sa in realtà quando il Muto perse la vita né come. Forse in un agguato ordinato da Giovannantonio Mannu, forse per mano dello stesso Giovannantonio, oppure per gli stenti di una vita trascorsa nel buio de l’Infarru, l’inferno di boscaglia fitta dei monti di Aggius. Altri ancora dicono si sia suicidato.
C’è chi racconta di averlo incontrato in Corsica dove si rifece una vita, non avendo più per lui significato la sua esistenza come Bastiano Tansu senza poter avere al suo fianco Francesca Pes.