La leggenda di Capitana
Il tesoro dei pirati nascosto nel nuraghe Diana
Per molti è solo un bellissimo tratto che si trova sulla strada che porta verso alcune tra le più belle spiagge della provincia di Cagliari. Una località turistica ma anche un luogo abitato tutto l’anno da amanti della natura. La spiaggia di sabbia bianchissima è sempre più consumata dall’abbraccio con le acque cristalline; le ville, talvolta eleganti, talvolta semplici, arrampicandosi sulle colline, si contrappongono a quanto ancora rimane del passato rurale che per secoli ha dominato la scena. Un tempo è stata una delle tappe della vita estiva notturna, ma la crisi ha divorato le discoteche, le pizzerie e quant’altro faceva da cornice di svago.
Semplicità, lusso, tranquillità, divertimento, storia e leggenda, sono sostantivi che possono raccontare del luogo. Gli ultimi due i più interessanti. Per quanto riguarda la storia, Capitana ha un importante sito archeologico. Il Nuraghe Diana sorge a trentacinque metri dal mare sulla collina di Is Mortorius. Il promontorio prende il nome dal lazzaretto che si trovava sulla spiaggia di ghiaia. Nel territorio quartese, di cui questo compendio di terra fa parte, i nuraghi sono circa una quarantina; testimoniano la presenza dell’uomo sul territorio a partire da circa seimila anni fa.
Il nuraghe è classificato tra quelli di tipo complesso, tre torri di cui una maggiore delle altre; il complesso si estendeva fino alle pendici della scogliera, oggi è interrotto dalla strada provinciale. Una struttura costruita come fortezza di avvistamento, destinazione d’uso sfruttata poi nei secoli fino all’ultimo conflitto bellico. Un’area archeologica sottovalutata e svalutata. Gli interventi qualificatori veri e propri risalgono solo al 2000. Oggi è uno dei tanti siti archeologici della regione incompresi e messi da parte. Due ettari di terra su cui si trovavano una tonnara ed un ex lazzaretto.
La leggenda che parla di Capitana è molto affascinante. Rossana Copez e Giovanni Follesa hanno racchiuso l’incanto dei luoghi nel libro “Terra Mala” nome di un altro pezzo di costa che appartiene a questo territorio. Il romanzo parla delle notti insonni di Adele, dei suoi incubi che interferiscono con la realtà del suo vivere quotidiano. Grazie all’ipnosi regressiva, tecnica di cura di cui si avvalgono molti psicoterapeuti americani, che in Italia è per lo più considerata affine all’esoterismo piuttosto che alla scienza, la protagonista scopre una storia di un vissuto suo e non suo. Viene alla luce una delle sue vite passate, l’appassionante leggenda di Capitana trova un personaggio, anche se solo d’inchiostro.
Gli autori disegnano con le parole un luogo reale e con l’immaginazione danno corpo ad una leggenda. Ciò che sappiamo essere certamente vero è il palcoscenico. Il mare cristallino e ribelle sembra essere il vero protagonista, la natura selvaggia ma armonica nei colori e nelle fragranze pare profumare le pagine.
La leggenda è ambientata nel periodo delle incursioni da parte dei corsari barbareschi, eventi storici effettivamente accaduti in Sardegna, la costa sud est dell’isola è stata la più martoriata. Si narra di un pirata, capitano di una ciurma, che si era innamorato follemente di una sua schiava e che l’avesse resa sua pari. Il pirata e la compagna, detta la Capitana, vivevano depredando le coste dell’isola. Le ricchezze mal tolte sarebbero state nascoste a terra, presso il Nuraghe Diana.
Tuttavia sarebbe stato troppo rischioso far partecipare una donna alle scorribande per i mari, tant’è che il pirata innamorato decise di lasciarla a terra con i suoi fedeli a custodire il tesoro. Si dice che la Capitana oltre ad essere bella fosse anche gentile e generosa e che gli abitanti del luogo le portassero rispetto. Un giorno il vascello salpò per l’ultima volta.
Da quel giorno la Capitana rimase in attesa del suo amato senza darsi pace. Si dice che ancora oggi la sua anima sia lì tra le pietre del nuraghe, in penitenza eterna.
Una leggenda così verosimile alla realtà che molti credono sia un fatto veramente accaduto, tanto che non pochi si avventurarono alla ricerca del tesoro e alcuni morirono cercandolo.
Una storia d’amore e d’avventura che non ha nulla da invidiare alle tante pellicole ambientate in locations caraibiche che dipingono esotiche vicende di pirateria del diciottesimo secolo.
Forse, se un giorno sarà scoperto il tesoro la leggenda sarà promossa a storia vera, ma oggi non abbiamo prove concrete per affermare che la Capitana sia esistita, anche se questa favola è radicata così fortemente nella cultura popolare che, a distanza di secoli ancora se ne parla, ancora identifica un luogo e su di essa vengono scritti dei libri.
Per ora il vero tesoro è la bellezza di un luogo che può tranquillamente competere con mete turistiche d’oltre oceano.