Il folletto dalle sette berrette e la pentola d'oro
Su Pundacciu del sonno nella fiaba sarda
In un tempo lontano fatto di magiche creature saltellanti tra gli alberati boschi del mondo che non c'è, un folletto dispettoso inquieta le notti sarde dagli albori del vivere. Si narra sia in parte demone, il disturbatore dei dormienti malcapitati che, bramosi di assopirsi in totale pace e serenità d'animo, venivano svegliati nel sonno dalla piccola ma robusta creatura.
Mito dai mille appellativi, noi lo conosceremo come il folletto dalle sette berrette, per i caratteristici copricapo portati agilmente; seppur definito Pundacciu di li sette barritti dal dialetto gallurese, Ammuntadore, Matzamurreddu, e sa Surtora rispettivamente da quello logudorese, campidanese e di Ghilarza.
I nomi del folletto sono molteplici, ma la storia è univoca e consiste nel considerarlo un silfo piccolo e veloce, simile ai nani, che s'intrufola nelle case degli umani di notte fonda per interromperne il dolce dormire. È agile, lui, seppur goffo e corpulento, corre veloce e quasi inafferrabile sobbalza e poi si siede sul petto delle vittime prescelte facendo, nel frattempo, dispettosi scherzi a coloro che in realtà erano i destinatari di quei pregiati tesori, furbamente nascosti nei sotterranei, in cui sono stati posti nel passato da chi voleva pervenissero agli sventurati di cui egli si fa scherno.
Nel sottoterra trova riparo durante il giorno quando si accovaccia tra i suoi preziosi beni custoditi con cura, malignamente rubati e, come le janas, risiede nelle grotte, laddove l'oscurità regna sovrana anche durante il giorno, al termine del quale il folletto dispettoso si dirige, saltellando, verso la casa del suo futuro perseguitato.
È qui che il demonietto con in testa i suoi sette berretti inizia la sua amata missione di infastidire il sonno dell'umano che giace nel suo letto e si sveglia al sentir sobbalzare il pesante corpo su di sé. In questo preciso momento inizia l'entusiasmante gioco per l'essere sui generis, poiché promette alla vittima la consegna di uno dei suoi averi, dopo il superamento di alcune prove di coraggio o astuzia.
Il più delle volte beffeggia il proprio interlocutore con indizi menzogneri e giochi sarcastici, tali da trarlo in inganno e portarlo a perdere il tesoro tanto agognato. L'unica possibilità che esiste per calmierare lo spirito infantile e stucchevole è quello di privarlo delle sue ricchezze, sottraendogli dal capo in modo furtivo un berretto qualsiasi, secondo alcuni mentre secondo altri il settimo, in cima rispetto ai restanti sei, poiché da esso scaturivano i poteri magici ch'egli possedeva.
Quando questo si verificava, il geniale folletto dalle ormai sei berrette, pregava il suo vincitore con pianti, lamenti e falsi giuramenti, di ricevere indietro il cappelletto in cambio di un prezioso bene, il cui nascondiglio avrebbe svelato solo dopo la consegna del prodigioso copricapo.
Il più delle volte il bisbetico seccatore non manteneva la parola data e una volta ottenuto quanto richiesto, si volatilizzava nel nulla, facendo scomparire per sempre per l'ingannato uomo, la possibilità di arricchirsi con lo sfumato tesoro.
Si racconta che non sia stato questo il destino di un bambino di Tempio, Antoneddu, che, conscio della presenza del folletto demoniaco, fa un guizzo repentino nel suo giaciglio e strappa dalla testa del molestatore un berretto, negando al medesimo la possibilità di esercitare la sua fatidica, ma insolente magia.
La falsata litania ebbe inizio: pianti e grida invocavano la restituzione del cappello da parte del giovane che, ingegnoso, si rifiutava di restituirglielo, minacciando il lancio tra le ceneri e nascondendolo tra i resti fuligginosi della legna arsa nel camino, per sottrarlo alla presa agile del piccolo essere infuriato.
Questo, evidentemente restio dallo sporcare la propria mano dalla candida carnagione, si ritrae e si sottomette alla volontà di colui che voleva soggiogare, donandogli una pentola colma d'oro o meglio di cibarie e bevande, in modo da liberarsi definitivamente del potere del bambino.
Egli però, si rifiutò di ridar al paffuto e indesiderato ospite la settima berretta, lasciandolo ad aspettare il suo ritorno in quella casa abbandonata sulle colline al di là della valle, dove trovò ristoro la notte in cui andò tra i boschi a cercar cibo per sfamare sé e la sua famiglia. Nella storia fiabesca sarda, gli incontri notturni con il folletto del sonno sono però innumerevoli e diffusi per tutto il territorio isolano.
Lo sa bene il pastore gallurese che, nell'incontro col folletto, in questo caso servo di San Martino, rivelò al Diavolo i suoi segreti per ottenere i sette berretti dai poteri magici. Ne fu ossessionato fino a che una notte, riuscito a strappargli l'ultimo, lo esortò sotto minaccia a dirgli dove era nascosto il suo ricco tesoro. Una volta ottenuta l'allettante informazione, lo gettò nelle ceneri insieme ai misteriosi cappelli.
O, ancora, il bambino di Isili che con un rosario attorcigliato intorno al collo, lo obbligò a donargli la sua ingente fortuna. La notte insonne lascia desti per scoprire le piccole creature spaventose che tormentano i bambini e gli adulti più suggestionabili, ma che in realtà è sempre meglio lasciare, in modo fiabesco, nel mondo della fantasia.