S'ingurtidroju
La leggendaria cavità dell'Anfiteatro romano di Cagliari
Lungo il declivio del colle di Buoncammino, nella valletta naturale di Palabanda, di fronte alla chiesa di Sant'Antonio da Padova dei Cappuccini, si staglia la struttura composta da larghe gradinate intagliate nella roccia che attornia lo spazio ellittico centrale, l'arena.
Nasce come luogo di esecuzioni capitali, di lotta tra uomini e animali selvatici e tra gladiatori. Ciò che si presenta come un prestigioso bene archeologico da preservare, cela un'antica leggenda inerente a un'ambigua cavità di profondità verticale che s'innesta nel terreno quasi passando inosservata, ma presente e significativa.
Si tratta dell'inghiottitoio, S'ingurtidroju, plurisecolare profondità sotterranea con fuoriuscita esterna nella gradinata frontale rispetto all'Ospedale Civile e sottostante viale Sant'Ignazio.
Un semplice pozzo che ha dato origine, sin da tempi remoti, all'arcana leggenda di una buca che si apre nel sottosuolo per circa dieci metri e preposta a risucchiare animali e persone, non per il semplice fine di morte, bensì per lo scopo preciso di saziare colui che sui demoni regna e mostra signoria sulle mosche, ovverosia Belzebù.
Il demone, adorato dai Filistei, aspettava indisturbato il calare, fortuito per sé ma mortale per le vittime, di esseri viventi, semplice cibaria con cui deliziare le sue giornate rivolte a esecrare qualsiasi manifestazione benefica della Volontà Divina.
Circa le modalità di svolgimento di questi pasti infernali, nulla ci è dato sapere, ma nell'immaginario popolare la caduta rovinosa nel buio inghiottitoio potrebbe ben rinviare alla descrizione dantesca di Lucifero in quanto, per l'incomparabile poeta, Belzebù non è altro che un nome sostitutivo del principio di ogni male.
Il Lucifero dantesco si caratterizza per avere tre raccapriccianti volti su un'unica testa, quasi a simboleggiare l'opposizione alla Trinità Divina, prezzo del tradimento verso il suo creatore. In ciascuna faccia, l'una nera per l'impotenza, l'altra rossa per l'odio e l'ultima gialla per l'ignoranza, c'è una bocca con cui "l'Anti-Dio" si nutre di tre peccatori, quali Bruto, Giuda e Cassio.
Una descrizione spaventosa, ma dettagliata che potrebbe concretamente calmierare il curioso interesse delle genti relativo al soddisfacimento della fame infernale per cui, secondo la leggenda, è nato l'inghiottitoio dell'Anfiteatro romano di Cagliari. Se solo i poveri sventurati avessero saputo, tempestivamente, che il loro aguzzino mal tollerava il Credo cristiano, avrebbero potuto salvarsi attraverso la recita della preghiera cattolica.
Se il mito narra, la storia e gli studi archeologici dimostrano che all'interno dell'edificio è stato progettato un imponente sistema di canalizzazione dell'acqua piovana idoneo a farla refluire in apposite cisterne. In virtù della sua struttura conoidale o a imbuto, la necessità di drenaggio dell'acqua piovana raccolta è stata primaria ai fini di evitare l'allagamento del sito.
Dunque, un inghiottitoio, quello dell'Anfiteatro, scavato per aerare un cunicolo sotterraneo, reso dall'epopea tradizionale sarda un percorso verso l'inferno, una trappola per animali ed esseri umani, dai connotati malefici.
Attualmente l'Anfiteatro romano di viale Sant'Ignazio è aperto dal venerdì alla domenica e tutti i giorni festivi dalle 09:00 alle 18.00, anche se per le visite guidate è necessaria la prenotazione.
Lì si potrà verificare, osservandolo, se la leggenda dell'inghiottitoio ha colpito i più superstiziosi o semplicemente si mostra per l'importanza che possiede, quale bene culturale inserito tra i più valorosi edifici pubblici dell'epoca di dominazione romana in Sardegna.