Villacidro, un paese circondato dal mistero
La maledizione dei Padri Mercedari
Nel centro del Campidano, ai piedi della vallata di Castangias sorge Villacidro, il "paese d'ombre" di Giuseppe Dessì, il paese delle antiche superstizioni che, secondo il letterato e antropologo Francesco Alziator, si fa ricordare come la Benevento sarda.
Innumerevoli le storie relative ai rituali insoliti, propulsori di una sorta di inquietudine che aleggia sul centro abitato e soprattutto sulla zona boschiva circostante, quasi come simbolo della memoria di un paese dai tanti nomi derivanti dalle leggende tramandate sin dalle origini. Tra questi, l'appellativo di "paese degli impiccati" suggella il mito maledetto di Villacidro.
Alla base della leggenda, una maledizione, che ricorda le vecchie storie raccontate durante le notti insonni passate nei ritrovi in piazza o in casa di un amico. Unico elemento di disturbo: la paura. Ascoltare di malefici o di maledizioni, suggestiona la mente fino a chiuderla alla realtà impedendole di distinguere il vero dal mondo immaginario, argomento che spopola da sempre in Sardegna e a maggior ragione nelle piccole comunità paesane.
È un crescente incalzare di emozioni; la curiosità si unisce alla tensione, di concerto alle parole di colui che narra la leggendaria storia della cacciata dei Preti Mercedari da Villacidro. Esisteva un tempo in cui la presenza dei frati nel paese mal si conciliava con la tradizione popolare, rivolta a esaltare figure ben poco angeliche, come i demoni e le streghe.
Era il lontano 1858 quando, l'allora re Vittorio Emanuele II, decise di chiudere il convento del paese, sito nell'attuale piazza del Municipio, a cui era collegata la chiesa dell'Annunziata, per sostenere economicamente la guerra confiscando i beni ecclesiastici.
Gli ultimi sei frati dell'ordine dei Mercedari furono costretti a trasferirsi alla sede centrale del monastero di Cagliari, congiunto alla chiesa di Bonaria. Il momento cruciale della storia è quello in cui gli uomini di chiesa furono accompagnati fuori dal paese dalla gente del posto.
La situazione degenerò, poiché, le ingiurie e le maldicenze urlategli contro, spinsero uno dei frati a slacciarsi la cintura di cuoio che stringe in vita la caratteristica tunica bianca e a scagliarla contro la folla ingiuriosa, inveendole contro il seguente malaugurio: "Chi si serbat po s'impicai" (che vi serva per impiccarvi).
La gente ammutolita alle parole del frate e si ritrasse. L'eco dell' auspicio delle future disgrazie rimbomberà sempre per le strade del paese, almeno tramite la tradizione orale che tramanda le vicende popolari ancestrali.
La particolarità della vicenda narrata sta nel fatto che Villacidro ha pianto un alto tasso dei suicidi avvenuti nel corso del tempo proprio secondo le modalità augurate dal frate, ossia attraverso l'impiccagione.
E il pensiero si rivolge al funesto accadimento svoltosi in un giorno qualunque, ma che verrà ricordato come la "giornata della maledizione villacidrese".