1943, the Festival in sorrow
Dal 1657, anno in cui i cagliaritani sciolsero il voto fatto a Sant’Efiso affinché li liberasse dalla peste, la processione che porta il feretro del santo fino a Nora, non subì mai interruzioni, anche negli anni bui della guerra. Correva il 1943 e Cagliari stava subendo ripetuti bombardamenti da parte delle forze alleate anglo-americane, ma contro ogni rischio e pericolo, un gruppo di fedeli, anche quell’anno, mantenne fede alla promessa fatta e tra mille paure e difficoltà trasportò il santo fino a destinazione.
Quell’anomala processione prese il via in un clima surreale. La città era stata quasi interamente evacuata per via dei terribili bombardamenti del 26 e del 28 febbraio. In quel tragico maggio del ’43 era presidiata militarmente, ovunque sorgevano postazioni militari e batterie antiaeree per paura d’incursioni nemiche. Interi quartieri erano ridotti a un cumulo di macerie, palazzi sventrati e calcinacci sparsi ovunque, nei vicoli, nelle piazze e nelle strade.
In questo tragico scenario la statua del Santo fu rinvenuta incredibilmente integra, (col solo naso leggermente scheggiato e un dito rotto), caduta a terra in seguito agli scoppi delle bombe che fecero tremare le mura della nicchia dove era riposta.
Il simulacro venne adornato da una fascia colorata, ricoperto di amuleti, lettere, preghiere e suppliche, tra gli increduli occhi dei pochissimi cittadini rimasti ancora in città. Alle prime luci dell’alba fu fissato con dei chiodi al pianale di un camioncino utilizzato per il trasporto del latte, messo a disposizione dalla ditta Gorini e partì dalla chiesa di Stampace alla volta di Nora. Erano le 7.00 del mattino e già il corteo si muoveva, per anticipare possibili bombardamenti che avvenivano quasi sempre a metà mattinata.
Il piccolo camioncino si portava al seguito un’esigua schiera di fedeli, fatta quasi esclusivamente da uomini. Attraversò le vie dissestate procedendo lentamente, tra ammassi e rovine, resti di abitazioni e ruderi di ogni tipo, in un cupo e desolato scenario. Tra le tante le facciate sberciate in quel triste tragitto, svettava anche la cupola squarciata di una chiesa, ridotta a metà. Questo fu il tragico omaggio della Cagliari ferita; una città fantasma distrutta dai bombardamenti che rinnovava comunque la sua fede al santo.
Il minuto corteo superò gli storici quartieri semi distrutti di Stampace e Marina e si diresse verso Giorgino, dove dopo una breve sosta ripartì, avvolto dal silenzio dei pochi fedeli al seguito e sommerso dal rombo assordante dei cacciabombardieri e dagli intermittenti spari d’artiglieria delle batterie costiere.
Qualche ora dopo il feretro giunse a Sarroch. Al suono delle campane accolsero i fedeli in un tripudio di partecipazione e commozione. Il viaggio proseguì sino a Villa San Pietro. In questo piccolo borgo il simulacro (che non si era mai fermato in passato), si fermò per una breve sosta presso la casa del cavalier Mario Atzori, per consentire il trasferimento della statua in un furgoncino più piccolo, dove fu adagiata su un lettino improvvisato e portata fino a Pula e infine nella chiesetta di Nora. Il giorno dopo, nella giornata del 4 maggio, avrebbe fatto il suo proverbiale e definitivo rientro a Cagliari.
Di questa incredibile vicenda oggi rimangono le immagini in bianco e nero del cineamatore Marino Cao. Con pochi minuti di riprese, egli riuscì a fissare in maniera indelebile una pagina di storia, di fede e di tradizione incredibilmente commovente che sottolinea quanto sia profondo e intimo il rapporto della città col santo e come questo legame si sia man mano rafforzato, anche e soprattutto nei momenti più difficili e si rinnovi puntualmente tutt’oggi, con grande partecipazione.