Sonus de su mundu: la musica protetta in un museo di strumenti internazionali

Da una passione adolescenziale per gli strumenti musicali in genere a un amore più specifico e dettagliato per numerosi pezzi provenienti da tutto il mondo. Così nasce l’idea di Antonio Ghiani di istituire il museo Sonus de su mundu, ad Assemini, nella Provincia di Cagliari. Trent’anni fa, la sua dedizione per le launeddas l’ha condotto verso il mondo degli strumenti popolari tipici delle altre nazioni. Dal confronto con lo strumento rappresentante la Sardegna, è nato il desiderio di conoscere il luogo nel quale tali strumenti sono stati elaborati e realizzati.
 

Un tempo, gli strumenti musicali erano divisi per il tipo di materiale con il quale erano costruiti – per esempio i legni, gli ottoni ecc. In seguito, si è passati a identificarli per categoria con il sistema Hornbostel-Sachs,che li suddivide in cinque famiglie, secondo il metodo di produzione del suono: Membranofoni – in cui il suono è prodotto dalla vibrazione di una membrana tesa; gli Aerofoni : emettono il suono per mezzo di una colonna d'aria che vibra all'interno dello strumento; i Cordofoni : producono il suono attraverso le vibrazioni prodotte dalle corde di cui sono dotati, che possono essere percosse (es. pianoforte), pizzicate ( es. arpa), strofinate (es. violino) o messe in vibrazione dal vento; gli Idiofoni : il suono è prodotto dalla vibrazione del corpo dello strumento stesso; gli Elettrofoni : il suono viene generato per mezzo di elettricità.

All’interno del Museo sono esposte queste diverse categorie e la loro sistemazione è studiata in modo perfetto: appena il visitatore entra dentro, si lascia abbagliare dalla moltitudine di pezzi presenti. Subito dopo, la sua attenzione è posta sul lato destro, nel quale sono posizionati gli strumenti tipici della Sardegna, tra i quali spicca quello che la simboleggia più di tutti: le launeddas. 


Una scelta precisa nella disposizione di tali oggetti, oramai considerati opere d’arte di indiscusso valore. Si inizia con gli strumenti provenienti dall’Isola, ai quali si cerca di personalizzare e di avvicinare quelli stranieri, in modo da replicare le musiche. Su tumbarinu de sa cointrozza, su triangulu, sa matracca, su tumbarinu cun criccos, sa matracca ‘e arroda, su sulittu e tamburinu - quest’ultimo veniva impiegato per emettere il bando e per ritmare il ballo ed è ancora utilizzato in Spagna e Argentina.


Proseguendo la visita, si possono notare strumenti che hanno origine dall’Africa: Camerun, Marocco, Tunisia, Egitto, Etiopia, Kenya, Guinea, Mali, Senegal; dall’America, soprattutto quella del Sud, come Bolivia, Cile, Ecuador e Perù; dall’Europa: Bulgaria, Grecia, Germania, Ungheria, Russia, e da altri Paesi dell’Est, dalla Mongolia, dall’Estremo Oriente, Cina, Tibet, Vietnam, dalla Cambogia, Thailandia, dall’India. L’India offre anche strumenti tipici della sua musica classica. Tanti gli strumenti e le nazioni rappresentate nella collezione.

Più di settecento tra strumenti e oggetti sonori compongono questo museo insolito e dettagliato. Un patrimonio che varia per funzione, estetica, particolarità, provenienza ed età. Infatti, in certi casi, sono presenti gli oggetti originari e i loro successori. Sitar, tablas, sarangi, balalaike, charango, gong, ranat-ek - modello di xilofono – sizilianu, scoccorredda de taba sono tra i più comuni e conosciuti.


Ma ne esistono degli altri, che sono singolari perché nascono da oggetti comuni, i quali si trasformano in strumenti fonici. Da zucche, noci di cocco, budella di animali, pelli di animali possono emergere opere d’arte mai viste e capaci di diffondere un suono alquanto piacevole. Gli strumenti musicali arrivano dalla natura, creando per esempio per alcuni un gioco di corde costruite con budello animale o fibre vegetali. L’arte di arrangiarsi, utilizzando ciò che la Natura offre.


Ci sono strumenti che riproducono l’acconciatura della tribù a cui appartengono; altri in cui sono rappresentate immagini di vita quotidiana; altri ancora in cui sono riprodotte teste di animali, per esempio i cavalli. Grazie a molti di loro, si può riconoscere che bocca e torace fungono da amplificatori, come succede con l’arco musicale che è suonato con la bocca e accompagna chi canta.


Il kùndi del Congo, l’entongoli dell’Uganda, il tubo di bambù vhaliha del Madagascar, il rebab dell’Iraq, il kamanjha dell’Egitto, il kabak della Turchia, il ribab kamanjha del Marocco, il tubri dell’India, la zummara dell’Egitto, l’alboka della Spagna, il suroz del Pakistan, l’arghul dell’Egitto, il gender dell’Indonesia, il masenqo dell’Etiopia, il kemance della Turchia, la tampura dell’India, lo shamisen del Giappone.


Il morin khuur è lo strumento che rappresenta la Mongolia. È uno strumento intarsiato con in cima la riproduzione di una testa di cavallo. Il materiale utilizzato è il legno e le corde sono fatte di crine di cavallo. Esso costituisce il violino della Mongolia ed è difficile da reperire. La sarinda dell’India è anch’esso un tipo di violino e il pezzo esposto all’interno del Museo ha più di un secolo di vita. C’è poi il rebab dell’Afghanistan costruito con un unico pezzo di gelso; la pelle di pecora o capra funge da piano armonico; gli intarsi sono realizzati in osso e madreperla.
 

Un tale museo acquista un valore inestimabile e la sua maestosità è tale da diffondersi in tutto il mondo. Ogni oggetto custodito al suo interno è portatore di unicità e pregio. Un museo nato dalle cose comuni e presenti in Natura, ma paradossalmente fuori dal comune. La sua maggiore particolarità è che esso mette in luce come dal nulla possa nascere qualcosa e dalle cose inaspettate possa essere generato un meraviglioso suono.

 

 

Sonus de su mundu

Collezione-Mostra di strumenti musicali

Assemini (CA)

Via Ischia, 3 – Loc. Piri Piri

Visita su prenotazione per gruppi e scolaresche:

Antonio Ghiani

Tel.328.1191366

Email: antonio.ghi@tiscali.it

01 luglio 2015

Sara Atzori
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