La storia di Julia Carta
L'inquisizione in Sardegna
Ogni mattina Julia si dedicava alle faccende domestiche, come ogni brava figlia che aiuta la sua cara mamma: cuciva, si occupava della casa e dava una mano badando ai suoi fratelli.
Viveva con la sua famiglia a Mores: il suo papà era un muratore e la sua mamma era una casalinga.
Casu Masia Porcu era il suo cognome originale, ma era conosciuta come Julia Carta.
Un giorno sposò un contadino di Siligo, che aveva perso la moglie e che aveva un figlio.
Julia aveva un dono particolare, una caratteristica ereditata dalla nonna: era capace di predire il futuro e di preparare e utilizzare da sola gli strumenti per farlo.
Purtroppo, questa qualità cominciò a essere preoccupante per le altre persone, nonostante la giovane fosse conosciuta come colei che aiutava positivamente chi stava male.
Tutto ciò fu l’inizio del proprio dolore e tormento.
Essendo parroco, seppe tutta la verità durante la confessione di alcune persone ed essendo commissario dell’Inquisizione, poté prendere provvedimenti a riguardo.
Julia fu condotta verso la cámara del tormento e, là, le torture inflitte furono talmente numerose e terribili che la spinsero a confessare ciò che faceva mediante gli amuleti e le erbe magiche. Ma, in realtà, lei non aveva alcuna colpa.
Sfortunatamente però, la giustizia aveva scelto lei, attraverso una condanna di tre anni da parte del Tribunale dell’Inquisizione di Sassari.
Julia fu anche costretta a indossare il sambenito, un abito che rappresentava la pena, la censura e la vergogna per la ragazza e la propria famiglia, soprattutto perché fu obbligata a portarlo tutte le volte che metteva piede fuori casa.
Trascorse del tempo quando la fanciulla fu nuovamente incolpata di fatti legati alla stregoneria. Ma questa volta Julia scomparve creando un filone di magia e mistero.
Tale evento fu certamente avvolto nell’incomprensione totale. Che fine aveva fatto Julia? Cosa restava di lei?